Un cardine insostituibile, all’interno della cooperativa sociale Salvagente di Forlì, sono certamente gli insegnanti, un gruppo di circa 25 persone (quasi tutti volontari), che offrono con generosità le proprie conoscenze agli adolescenti e che, in questa relazione che ogni giorno diventa sempre più salda, scoprono quanto questa esperienza sia arricchente per ognuno di loro.
La maggior parte di essi sono docenti in pensione che hanno vissuto una vita insieme ai ragazzi, altri sono insegnanti tutt’ora in attività che riescono nel tempo libero a donare qualche ora alla cooperativa, altri ancora sono persone esterne all’insegnamento, ma competenti su alcune discipline per professione o esperienze vissute.

Quest’ultimo caso accomuna Marta e Piero Zattoni: la prima ex amministrativa in un’impresa del territorio, che offre le sue conoscenze nell’ambito dell’economia e del diritto e l’altro, dopo anni trascorsi negli Stati Uniti, mette a disposizione la sua dimestichezza con la lingua inglese.
“Il mio primo contatto con la cooperativa – racconta Piero Zattoni – risale a quando mio figlio è stato accolto in questa realtà e, frequentandola, ne ha tratto un notevole beneficio per il suo rendimento scolastico, che non era particolarmente brillante e la sua crescita personale. A seguito di ciò è maturata in me una sorta di debito di riconoscenza verso il Salvagente: ne sono stato attratto e affascinato e quando ho cominciato ad offrire il mio piccolo contributo per lo studio della lingua inglese, mi sono accorto di aver incontrato una realtà che non conoscevo, quello della povertà dei giovani, un mondo non mio, in cui loro non solo mi hanno fatto entrare, ma mi hanno accolto a braccia aperte. Una sensazione bellissima e un’esperienza straordinariamente arricchente, che mi fa crescere nella mia dimensione di vita attuale”.

Un’altra bella storia è quella di Alessandra Mengozzi, tutt’ora insegnante di matematica all’Istituto Alberghiero di Forlimpopoli: “Sono stata coinvolta – ricorda Alessandra – al SalvaGente sin dal suo inizio, quando ancora si svolgeva nei locali di via Paradiso prima ancora che al Matteucci. Mi venne chiesto di donare qualche ora al Salvagente, sotto forma di un innocente ricatto da parte di Franco Belosi, mio tutor per l’esame di abilitazione e allora tra i protagonisti di questa avventura. Perché sono rimasta? Perché voglio essere un insegnante migliore e il Salvagente per me è un luogo dove è vinto il nichilismo con cui nella scuola spesso si guardano i ragazzi e quindi anch’io imparo uno sguardo”.

Anche Giovanna Fabbri, storica insegnante di Lettere all’Istituto Tecnico Matteucci di Forlì ed ora pensionata, è una colonna del Salvagente: il suo metodo di insegnamento è nello stesso tempo molto rigoroso e molto efficace per i ragazzi, in quanto riesce a comunicare il perchè delle cose da apprendere e il motivo per cui vanno studiate e ricordate.
“Mi sono fatta coinvolgere nell’avventura del Salvagente – afferma Giovanna – perché ho pensato che fosse giusto donare gratuitamente qualcosa della mia esperienza di insegnante: in seguito ho scoperto che quello che ricevevo era più di quello che davo. Ho incontrato nei ragazzi un di più di umanità, pur dentro la complessità delle loro situazioni e nei tutor un atteggiamento di accoglienza e di disponibilità che non immaginavo. Ho scoperto che posso ancora imparare tanto”.

Una storia diversa, ma ugualmente coinvolgente è quella di Quinto Ravaglioli, da qualche mese al Salvagente dopo il pensionamento avvenuto alla fine dell’anno scolastico 2018/2019, dopo anni di insegnamento al Saffi Alberti in qualità di docente di lettere. Ravaglioli è un creativo (dipinge, scrive poesie, compone musica) e al Salvagente è approdato con l’intenzione di dare una mano a giovani che hanno problematiche scolastiche. “Sto scoprendo – afferma Quinto – che dietro alle difficoltà nello studio ce ne sono altre che coinvolgono più profondamente i ragazzi: loro vogliono essere ascoltati, ricercano un rapporto umano. Sto notando le differenze con la scuola, dove il ritmo lo diamo noi insegnanti, mentre al Salvagente il ritmo viene scandito dai giovani e dai loro bisogni piccoli e grandi: è una situazione molto coinvolgente. Intendiamoci, non credo che il Salvagente sia il ‘rifugium peccatorum’, ma una realtà di vita dove ci si ascolta, magari senza giungere alla soluzione dei problemi dei singoli, ma con la certezza che il rapporto e la confidenza che si crea sono valori importanti per tutti, insegnanti compresi”.

Bellissima e molto profonda l’esperienza di Giuliano Pizzol, ingegnere di origine forlivese, ma residente a Bologna, che si è avvicinato alla cooperativa su richiesta di don Stefano Pascucci, suo amico di gioventù. Pizzol settimalmente scendeva a Forlì per recarsi a trovare sua madre ammalata e coglieva l’occasione, ogni giovedì, per trascorrere qualche ora al Salvagente per insegnare matematica.
Una volta venuta a mancare la mamma, nonostante i 70 chilometri da percorrere, ha continuato fedelmente a donare un po’ del suo tempo ai ragazzi della cooperativa.
“Se avessi smesso – commenta Giuliano Pizzol – mi sarebbe mancata un’esperienza vitale della mia esistenza: considero il Salvagente una profonda esperienza di misericordia, non certo un’abitudine. Ho ancora legami famigliari e di amicizia a Forlì, per cui approfitto per coltivarle quando vengo nella mia città di origine, ma, ripeto, qui al Salvagente, ho trovato un luogo dove si vive profondamente la misericordia di Dio”.