Tra la quarta e la quinta superiore, ho deciso di frequentare una seconda scuola, dove importi tu come persona, più che come scolaro. Un posto in cui ero il nuovo arrivato, pur non essendomi mai sentito tale. Forse, anzi sicuramente, grazie alle calorose strette di mano che mi hanno accolto, e al carisma di chi mmi ha aiutato e consigliato. Mi sono trovato immerso in una comunità studentesca viva ed eterogenea, nella quale ho conosciuto persone di grande valore, che, dentro e fuori dal Salvagente, mi hanno sempre visto come Orlando. Sì, me stesso, che potevo liberamente esprimere il pomeriggio e che invece non potevo al mattino, come studente.

Ognuno dei 35 pomeriggi mi sono trovato di fronte ad una sfida, quella di migliorare me stesso. Dunque non una sfida qualunque, ma piuttosto la più importante per un adolescente. Dovevo imparare a tirare fuori il meglio di me ed allo stesso tempo aiutare a migliorare le capacità di qualcun altro. Era questione di responsabilità, e questo era l’effetto leva che mi ha fatto tenere all’andamento dei ragazzi che aiutavo spesso più di quanto loro facessero. In questo sono stato aiutato sin da subito dalla voglia dei ragazzi di andare meglio, di dimostrare che grazie allo sforzo si può arrivare a tagliare qualunque traguardo.

“Se i ragazzi erano il fiammifero, e io lo straccio imbevuto di cherosene, la loro volontà era la bomba atomica con il presidente ubriaco che teneva il dito sul bottone” (cit. The Big Short)

Orlando, studente in alternanza scuola-lavoro